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grammatica e letteratura italiana | latina | greca

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L’importanza della retorica

In BONCOMPAGNO DA SIGNA / LA RETORICA / LA LETTERATURA MEDIOEVALE / IL MEDIOEVO / LETTERATURA ITALIANA

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Il Boncompagnus di Boncompagno da Signa è sicuramente uno dei più importanti manuali di retorica dell’epoca medioevale: esso, pensato per i dictatores, cioè per gli estensori delle lettere spedite dalle cancellerie, si propone come un punto di riferimento anche per tutti gli uomini di cultura, poiché la retorica è una disciplina dall’alto – e trasversale – valore formativo.

Io, Boncompagno, vedo e considero che l’uomo, nato dalla terra, soggiace alla vanità. Il giorno del Signore viene come un ladro e d’un colpo mette fine, spazzandoli via, alla gloria e ai vani desideri delle cose mondane. Per questa ragione prevengo la fine d’una vita lodevole e dispongo il mio testamento come segue.

Istituisco dunque mio erede questo libro come manuale d’insegnamento per quanto riguarda lo stile epistolare, la scelta degli argomenti, le consuetudini consacrate dall’uso e le innovazioni dell’espressione, col desiderio che esso debba rimanere contento di questa sorte.

Inoltre, nel seguito di questo testamento, stabilisco e dispongo che la sorella di esso libro, che verrà chiamata la retorica di Boncompagno, esca dal letto della filosofia, sia ornata a simiglianza d’un tempio e coronata d’oro e di pietre preziose. S’aggiri tra recinti di rose e i gigli delle convalli, olezzi d’una fragranza mista di balsamo e d’ambra, apra i più segreti recessi, sia l’imperatrice delle arti liberali e alunna dell’uno e dell’altro diritto. Io la chiamai talvolta libro delle elezioni, talvolta candelabro dell’eloquenza e talvolta retorica¹, onde gli invidiosi non avessero a presagirne l’avvento. Poiché essa dominerà incontrastata e imporrà silenzio agli oratori che, senza profitto comune, divulgarono una confusa massa di precetti.

 

AA.VV., Le origini, Ricciardi, Milano – Napoli

Sentendo avvicinarsi la morte, Boncompagno decide di non vanificare la sua pluriennale esperienza di maestro di grammatica e di retorica: egli aveva infatti insegnato per lungo tempo a Bologna e in altre città, ottenendo numerosi riconoscimenti e consensi – che hanno reso la sua vita lodevole – tanto da essere a buon diritto considerato il principale rappresentante dell’ars dictandi, la teoria della prosa d’arte.

La sua eredità sarà dunque costituita da questo manuale – ispirato a Cicerone e intitolato Rhetorica antiqua (Retorica antica) – in cui si fondono tradizione e innovazione (le consuetudini consacrate dall’uso e le innovazioni dell’espressione): il valore di questo manuale era già stato riconosciuto da tutti con l’assegnazione di una corona d’alloro (avvenuta a Bologna nel 1215) e con la sua divulgazione con il nome dell’autore (probabilmente anche per distinguerlo da un’altra opera di Boncompagno, la Rhetorica Novissima (Retorica ultima), la sorella di esso libro).

Le parole che Boncompagno spende a proposito del contenuto delle sue opere ci permettono di comprendere il modo in cui egli intende l’arte della retorica: essa, che ci lega direttamente alla cultura del passato, non ha solo uno scopo pratico, quello che perseguono gli oratori che, senza profitto comune, divulgarono una confusa massa di precetti, ma anche un’alta missione ideale, perché, uscendo dal letto della filosofia e risultando l’imperatrice delle arti liberali (quelle del Trivio e del Quadrivio) e alunna dell’uno e dell’altro diritto (civile e canonico), si fa fondamento di qualsiasi scienza e disciplina, vestendo il buono con il bello.

Questa missione ideale è così importante da essere presentata in modo estremamente curato, sia nella forma che nel contenuto.

Nel testo sono infatti presenti alcuni elementi che caratterizzano la scrittura dei grandi retori medioevali, come il cursus (in particolare il velox, seguito dal planus e dal tardus) e giochi di parole, che purtroppo si perdono nella traduzione italiana: per esempio nell’espressione l’uomo, nato dalla terra, si cela un gioco di parole (homo derivatus ab humo), che Boncompagno attinge dai libri di etimologie di Isidoro di Siviglia, che lega il nome uomo al latino humus, terra, come suggerisce il libro della Genesi, quando dice che Dio creò l’uomo dalla terra. Grazie a questi espedienti l’armonia e la raffinatezza della forma, elaborati in base ai precetti della retorica, diventano il corrispettivo della bellezza della creazione divina, dando a quest’arte il suo valore più alto.

Anche i contenuti contribuiscono a diffondere un forte insegnamento morale: essi sono infatti arricchiti con numerosi rimandi religiosi, che ben si attagliano alla solennità del momento. L’espressione Il giorno del Signore viene come un ladro, per esempio, utilizzata per sottolineare l’imprevedibilità della morte, richiama un detto di San Paolo, a sua volta ricavato dai Vangeli di Matteo e di Luca; la considerazione s’aggiri tra recinti di rose e i gigli delle convalli, attribuita alla retorica, è tratta dal Cantico dei cantici; gli olezzi d’una fragranza mista di balsamo e d’ambra e i vani desideri delle cose mondane rimandano all’Ecclesiastico: proprio alla retorica Boncompagno affida il compito di sconfiggere questa vanitas vanitatum (l’inconsistenza dei beni e delle cose terrene), per donare all’uomo la consapevolezza dell’importanza del sapere, che lo arricchisce davvero e non in modo effimero.

Note

1. Le definizioni alludono ai titoli delle sue numerose opere.

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