LA SOFISTERIA Logo 240x110 FFE5AD
LA SOFISTERIA - PRESENTAZIONELA SOFISTERIA - NOTIZIELA SOFISTERIA - ACCEDILA SOFISTERIA - BIBLIOTECALA SOFISTERIA - REGISTRATILA SOFISTERIA - CERCA NEL SITOLA SOFISTERIA - EMAILLA SOFISTERIA - CANALE YTLA SOFISTERIA - SPOTIFYLA SOFISTERIA - CANALE INSTAGRAM

grammatica e letteratura italiana | latina | greca

LA SOFISTERIA Logo 370

grammatica e letteratura italiana | latina | greca

LA SOFISTERIA - PRESENTAZIONELA SOFISTERIA - NOTIZIELA SOFISTERIA - ACCEDILA SOFISTERIA - BIBLIOTECALA SOFISTERIA - REGISTRATILA SOFISTERIA - CERCA NEL SITO
LA SOFISTERIA - EMAILLA SOFISTERIA - CANALE YTLA SOFISTERIA - SPOTIFYLA SOFISTERIA - CANALE INSTAGRAM

Liber, Carme 58

in TESTI \ CATULLO \ L’ETÀ DI CESARE \ LETTERATURA LATINA

Quando finisce un amore…

LA SOFISTERIA icona 163x255 6E0813

Quando finisce un amore, il dolore può assumere i toni dell’invettiva

Caeli, Lesbia nostra, Lesbia illa,
illa Lesbia, quam Catullus unam
plus quam se atque suos amavit omnes,
nunc in quadriviis et angiportis
glubit magnanimos Remi nepotes.

Celio, la nostra Lesbia, proprio quella Lesbia,
sì, quella Lesbia, l’unica che Catullo
ha amato più di sé stesso e di tutti i suoi cari,
ora nei quadrivi e negli angiporti
spella gli illustri discendenti di Remo.

(traduzione di A. Micheloni)

Catullo non ha mai amato nessuna donna quanto Lesbia: la scoperta dei suoi tradimenti lo getta nello sconforto e nella più cupa disperazione, che lo inducono a scrivere contro di lei parole piene di disprezzo, che confida a Celio.

Non sappiamo con certezza chi sia questo Celio, e non è questione da poco. Secondo alcuni studiosi, infatti, egli deve essere identificato con un caro amico del poeta, Celio da Verona, che Catullo conforta, nel carme 50 del Liber, per un amore infelice. Secondo altri, tra cui l’autorevole Francesco Della Corte, egli è invece il Marco Celio Rufo a cui è indirizzato il carme 77, una violenta invettiva che Catullo scrive dopo che ha scoperto che colui che credeva un amico, lo stesso Rufo, gli ha portato via Lesbia, diventandone l’amante. È chiaro che il valore di questi versi cambia profondamente a seconda dell’identificazione del destinatario: se sono indirizzati a Celio, diventano un modo per condividere la medesima sofferenza d’amore; se invece sono indirizzati a Rufo, assumono un valore quasi sarcastico, poiché anch’egli sperimenta, come Catullo, il tradimento dell’amata. Naturalmente, se si sceglie la prima ipotesi, l’aggettivo possessivo nostra deve essere inteso come un plurale maiestatis, ed equivale a mea; nel secondo caso, invece, esso fa ironicamente – e dolorosamente – riferimento alla comune frequentazione della donna.

Il carme, formato da un unico ampio periodo che ne sottolinea la forza dirompente, ha una struttura bipartita. I primi tre versi sono caratterizzati da un lessico emotivamente connotato (per esempio l’uso dell’aggettivo possessivo) e da un tono triste, quasi patetico; i successivi, invece, lasciano spazio all’offesa e all’ingiuria: Lesbia viene infatti descritta come una volgare prostituta che si concede a chiunque nei quadrivi e negli angiporti, notoriamente i luoghi più malfamati della città. Questo ritratto è ancora più impietoso perché Lesbia è una donna affascinante, ricca, colta, elegante: non è un caso che anche Cicerone, volendo screditare la sua reputazione, parli di lei, nell’ orazione intitolata Pro Caelio, come di una donna di facili costumi. Del resto pure il poeta Giovenale, volendo diffamare Messalina, la moglie dell’imperatore Claudio, la ritrae mentre si aggira di notte per i vicoli della città in cerca di amanti (Satira VI, 114 – 132).

Eppure questa donna che frequenta i bassifondi della città è proprio Lesbia: il suo nome compare, nei primi due versi, per ben tre volte, come se Catullo volesse costringere sé stesso ad ammettere che sta parlando proprio di quella donna che egli ha amato come si amano le persone più care. La ripetizione del nome serve dunque a esprimere la sua incredulità e la mancata accettazione di quanto ha scoperto.

L’incredulità lascia però ben presto spazio alla rabbia, che si traduce in parole di fuoco, prima di tutte quel verbo, glubit, tipico del mondo contadino, che qui assume un chiaro valore osceno e triviale, anche perché inserito in un contesto di prostituzione realisticamente ricostruito con l’accenno ai quadrivi (gli incroci ad angolo retto in cui le prostitute adescavano i clienti) e gli angiporti (i vicoli in cui consumavano il rapporto in appositi locali).

È proprio la volgarità di questo verbo a far comprendere l’intensità della sofferenza e della rabbia del poeta, che si stemperano solo nella parte finale del componimento: con un’altisonante perifrasi di tono epico, infatti, tutti i Romani, gli illustri discendenti di Remo, sono considerati complici, per la loro decadenza morale, della corruzione di Lesbia. C’è, in queste parole, un misto di scherno e di sarcasmo – e certamente di gelosia – nei confronti degli uomini che furono gli amanti di Lesbia, tra cui le malelingue annoveravano anche il moralissimo Cicerone.

È interessante notare come la condotta sessuale di Lesbia diventi oggetto di scherno solo nel momento in cui il rapporto tra i due si interrompe: quando la loro relazione era viva, Catullo celebrava il comportamento disinibito della sua donna come manifestazione di una gioiosa vitalità. Risulta dunque evidente che questi versi devono essere intesi come un’ultima e disperata dichiarazione d’amore.

Analisi del testo

METRO: endecasillabi faleci

Caeli: nei nomi propri in -ius della seconda declinazione (tranne Darius, che ha la i lunga, perché trascrive il dittongo greco ει) il vocativo è sempre in –i anzichè in -e.

Lesbia illa… illa Lesbia: l’aggettivo dimostrativo illa è ripetuto due volte in posizione chiastica: questa figura retorica e la collocazione di illa in due versi successivi sottolineano il dolente stupore di Catullo, che pare non voler credere a ciò che ha saputo sulla donna che ama. Il secondo illa ha funzione prolettica (introduce la relativa che segue).

Plus… omnes: questa espressione costituisce un’iperbole o esagerazione, figura retorica particolarmente usata nella poesia erotica.

Unam… omnes: unam è un complemento predicativo dell’oggetto; i due aggettivi, posti a chiusura di due versi successivi, sottolineano il contrasto tra l’esclusività del sentimento del poeta e la volontà della donna di concedersi a tutti.

Suos… omnes: è un iperbato, cioè un’inversione dell’ordine consueto della disposizione delle parole nel verso (suos omnes amavit).

Nunc: l’avverbio di tempo crea un forte contrasto tra un passato d’amore, cui allude il perfetto amavit, e un presente di tradimento e di dissolutezza. Catullo utilizza in questo passaggio la tecnica alessandrina dell’aprosdoketon, cioè dell’inaspettato, che consiste nel presentare inaspettatamente qualcosa che si oppone a quanto detto in precedenza.

Quadriviis: il termine allude agli incroci ad angolo retto, da cui si dipartono quattro (quadri) direzioni (viae). I più importanti erano coperti da archi.

Angiportis: questo vocabolo identifica i vicoli privi di uscita oppure che collegano strade secondarie. Esso è infatti composto da portus e dal verbo angere, stringere, da cui deriva il tema angu, lo stesso che si ritrova nell’aggettivo angustus (stretto).

Glubit: questo verbo appartiene, come detto, al lessico agricolo, dove ha il valore di scortecciare, levare la scorza: lo si può trovare, per esempio, nel De re rustica di Varrone (I, 55, 2: ramos glubere). Può essere usato, oltre che in senso tecnico e con valore osceno, anche in senso figurato, e allora vale impoverire, depauperare.
È significativo che in questo carme compaiano solo due verbi, entrambi “d’amore”: il primo, amavit, riferito a Catullo, che ha amato di un amore vero; il secondo, glubit, a Lesbia, che si limita a consumare rapporti sessuali.

Magnanimos… nepotes: la perifrasi usata per identificare i Romani contiene un aggettivo – magnanimos – e un vocabolo, nepos (che al plurale, in poesia, significa discendenti), di chiara matrice epica, che ne mette in risalto il valore sarcastico.

La Sofisteria

L’ETÀ GIULIO CLAUDIA in LETTERATURA LATINA

LA SOFISTERIA - GRAMMATICA ITALIANA - IMG 800x534

GRAMMATICA ITALIANA

LA SOFISTERIA - SCUOLA DI SCRITTURA - IMG 800x534-kk

SCUOLA DI SCRITTURA

LA SOFISTERIA - GRAMMATICA LATINA - IMG 800x534

GRAMMATICA LATINA

GRAMMATICA GRECA

LA SOFISTERIA - LETTERATURA ITALIANA - IMG 800x534

LETTERATURA ITALIANA

LECTURA DANTIS

LETTERATURA LATINA

LETTERATURA GRECA