La comunicazione letteraria
in INTRODUZIONE ALLO STUDIO DELLA LETTERATURA \ LETTERATURA ITALIANA
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Nella prima lezione di questo corso abbiamo avuto modo di conoscere lo schema base della comunicazione, messo a punto da uno dei più importanti studiosi di linguistica del XX secolo, Roman Jakobson:
Se lo riferiamo alla situazione comunicativa in atto in questo momento, possiamo dire che un emittente, io, che sto scrivendo, sta producendo un messaggio (il contenuto di questa lezione) per dei destinatari, cioè voi, che mi state leggendo; il codice che ci consente di capirci, poiché comune a entrambi, è la lingua italiana; il canale che crea una connessione tra l’emittente e il destinatario, permettendo la comunicazione, è Internet, ma anche l’interesse che mostrate nei confronti di quanto vi viene detto (se in questo momento qualcuno di voi si distrae pensando ad altro la comunicazione tra di noi non può avvenire); il contesto privilegiato è quello culturale, poiché stiamo affrontando un argomento di livello alto che consolida o arricchisce le vostre conoscenze.
Questo stesso schema può essere applicato anche alla comunicazione letteraria:
√ un emittente, l’autore, che può essere uno scrittore o un poeta, produce un messaggio, cioè un testo (opera) in prosa o in versi, per un destinatario costituito da lettori (o, sulla base di quanto detto nella seconda lezione, anche da ascoltatori)
√ il codice che permette la comunicazione è la lingua nella sua dimensione letteraria, una lingua, cioè, come abbiamo visto nella seconda lezione, che “dice di più”, in quanto elaborata dal punto di vista formale, caratterizzata da ipersegni e da stilemi…
√ il canale, dal XV secolo in poi, con l’invenzione della stampa, è costituito dal libro, mentre in precedenza esso era rappresentato dalla trasmissione orale
√ il contesto, infine, è quello culturale, che racchiude in sé l’insieme di circostanze storiche e sociali presenti nel momento in cui l’opera è nata e l’autore è vissuto: esso può costituire l’oggetto del testo / opera oppure averne in qualche modo condizionato la genesi.
È importante sottolineare che nella comunicazione letteraria il pubblico non ha mai un ruolo passivo: esso, infatti, non solo si attiva per comprendere il messaggio (mettendo a frutto le proprie competenze e dedicando la dovuta attenzione alla sua ricezione), ma a volte è addirittura in grado di influenzare o addirittura di condizionare l’autore. Ciò può accadere in due casi, la committenza e le attese.
Un chiaro esempio di committenza è quanto si è verificato nel 1400 e nel 1500, quando gli intellettuali e gli artisti ospitati a corte per la prassi del mecenatismo si sentivano in dovere di compiacere le richieste e i gusti dei loro anfitrioni. Così, per esempio, a Ferrara, nella corte estense, che amava particolarmente la materia cavalleresca, nacquero i più grandi capolavori del genere, Orlando innamorato di Matteo Maria Boiardo, Orlando furioso di Ludovico Ariosto e Gerusalemme liberata di Torquato Tasso.
Le attese sono invece quelle che seguono le opere di grande successo: è il caso, per esempio, dei cosiddetti best-sellers, di cui il pubblico chiede con impazienza il seguito. Naturalmente l’autore ha la piena libertà di assecondare o meno queste sollecitazioni: esse dimostrano comunque il ruolo attivo del pubblico.
È parimenti importante che il pubblico conosca il codice usato per la comunicazione (che, ricordiamo, è un insieme di regole e di caratteri generali che viene elaborato nel corso del tempo e che muta nel tempo e nelle diverse società, in modo più o meno consistente a seconda che esso sia chiuso o aperto): in caso contrario, infatti, il destinatario, non avendo le competenze necessarie per leggere il testo, rischierebbe di non capirlo, come capitato al povero Ramesse e all’egittologo che abbiamo incontrato nella prima lezione di questo corso. Per questo motivo ogni testo, per essere pienamente compreso, deve essere inserito in una tradizione, cioè nell’insieme delle opere letterarie che hanno preceduto quella in questione. La tradizione, infatti, funge da contesto e da codice (in quest’ultimo caso in quanto patrimonio d’informazioni e di convenzioni): ogni autore, quando scrive un testo, o segue la tradizione (e si parla allora di “intertestualità”, fatta di rimandi e di echi, volontari o inconsapevoli) o vi si contrappone (ma anche in questo caso deve comunque conoscere ciò da cui si distacca).
Per esempio, se mi accingo a leggere un romanzo poliziesco, so già che esso si inserisce in una tradizione di scrittura che prevede una situazione codificata (un’indagine), dei personaggi ricorrenti (investigatore, colpevole, vittima…), una struttura tripartita (crimine, inchiesta, soluzione)…: per comprendere meglio il testo che sto leggendo e per poterne dare un corretto giudizio dovrò tener conto di questa tradizione, che l’autore può aver seguito pedissequamente oppure alterato a suo piacimento (come capita in un romanzo poliziesco di Agatha Christie – di cui ovviamente non vi dirò il titolo! – in cui, con un magistrale colpo di scena, l’investigatore coincide… con il colpevole!).
Tenendo conto di queste ulteriori precisazioni, possiamo dunque rappresentare in questo modo la comunicazione letteraria:
Leggendo il testo, il pubblico potrà privilegiare, a suo piacere, l’intentio
→ auctoris, sforzandosi di penetrare nell’animo dell’autore
→ operis, per decifrare l’opera nel modo più completo possibile
→ lectoris, per una libera fruizione.

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