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grammatica e letteratura italiana | latina | greca

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Il testo e la letteratura come sistemi

in INTRODUZIONE ALLO STUDIO DELLA LETTERATURA \ LETTERATURA ITALIANA

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In queste lezioni introduttive abbiamo imparato a conoscere il testo letterario come un’entità complessa, che si articola in diversi livelli: sul piano dei contenuti in quello tematico, simbolico, ideologico; sul piano dell’espressione in quello stilistico, morfosintattico, lessicale, fonico, ritmico e metrico.

Questi livelli interagiscono tra loro: i suoni delle lettere che compongono le singole parole, per esempio, possono richiamare ed enfatizzare i contenuti di un testo. Osserviamo questi versi:

sentivo un fru fru tra le fratte (G. Pascoli)

e il naufragar m’è dolce in questo mare (G. Leopardi)

La vocale u e la vocale o, dal suono chiuso e cupo, evocano, di solito, sensazioni negative (come la paura, il disagio, l’angoscia): nel primo verso esse, amplificate nel loro effetto dalla ripetizione della consonante r, che richiama e riproduce il fruscio che Pascoli avverte all’improvviso tra i cespugli, vogliono comunicare al lettore la sensazione di profonda inquietudine che il poeta avverte in una notte in cui è tormentato dal pensiero della morte…

Al contrario la vocale a e la vocale e, dal suono aperto e largo, comunicano, di solito, un’idea di positività, di vastità, di serenità, di chiarezza, di apertura…: esse, nel secondo verso, mettono in evidenza la sensazione di dolce smarrimento che coglie Leopardi nel momento in cui si abbandona al piacere dell’immaginazione.

Il testo letterario si presenta perciò all’analisi come un sistema, cioè come un insieme di elementi (suoni, ritmi, parole…) organicamente strutturati e ordinati in modo tale da intessere significativi rapporti reciproci, che devono essere analizzati e compresi da chiunque voglia fruire in modo pieno del testo.

Pertanto, poiché un messaggio letterario è sempre complesso e spesso ambiguo (dal momento che esso tende alla polisemia, ovvero alla pluralità di significati), si deve tener conto del rapporto armonico che sussiste tra forma e contenuto o, per usare i termini della linguistica, che ormai abbiamo imparato a conoscere, tra significante e significato. In questo nostro corso dovremo pertanto lavorare sulla

denotazione, la decodificazione del messaggio sul piano letterale (per capire, cioè, che cosa esso voglia dire alla lettera)

connotazione, la decodificazione del messaggio sul piano dei contenuti (per capire, cioè, che cosa esso ci voglia dire “di più”).

Solo questa doppia operazione di lettura e comprensione permette di cogliere a pieno i molteplici significati di un testo letterario: senza di essa, per esempio, non possiamo capire che Don Abbondio, per Manzoni, non è solo un vaso di coccio tra vasi di ferro (d’essere, in quella società, come un vaso di terra cotta, costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro, cap.I), una metafora che ne mette in luce la debolezza d’animo e di carattere, ma anche e soprattutto che l’essere vaso di coccio allude al completo fallimento del suo ruolo di protettore dei più deboli, poiché in quanto sacerdote – e coerentemente all’insegnamento di Cristo – Don Abbondio non dovrebbe temere di sfidare i potenti per difendere gli oppressi…

Sulla base di quanto detto risulta evidente un altro importante elemento. Poiché, per ottenere questa complessità di significati, sia la forma che i contenuti sono stati strutturati dall’autore in un modo preciso, il minimo cambiamento sconvolge l’assetto del testo. Proprio per questo motivo sono nate due discipline fondamentali, la filologia e la critica delle varianti.

La filologia, che vede la luce nel III secolo a.C. ad Alessandria d’Egitto, ha, tra i suoi scopi principali, quello di restituire i testi alla loro lezione (lettura) originaria, liberandoli, sulla base di rigidi criteri e di precise procedure, dagli errori e dalle alterazioni creati nel corso del tempo da copisti, stampatori, editori… che ne modificano la stesura originaria.

La critica delle varianti, sviluppata da uno dei più grandi filologi e storici della letteratura italiana, Gianfranco Contini, prevede l’analisi delle edizioni di un testo / opera e l’esame delle correzioni volutamente apportate dall’autore: dietro a ciascuna di esse c’è infatti sicuramente la ferma volontà di comunicare qualcosa “di più”. Osserviamo, per esempio, questi versi di Giuseppe Ungaretti:

Vorrei somigliare
a questo paese
steso
nel suo camice
di neve

Questa lirica, che si intitola Dormire, è stata composta nel 1917 e viene presentata al pubblico in questa forma nel 1918. Ma nell’edizione del 1943 i versi cambiano leggermente:

Vorrei imitare
questo paese
adagiato
nel suo camice
di neve

Il verbo somigliare è diventato imitare e steso è stato sostituito da adagiato. Per quale motivo? Ungaretti, inviato a combattere al fronte, osserva un paesaggio innevato. La pace, la serenità e i rumori ovattati dalla neve che ricopre il paese allontanano per un attimo lo spettro della guerra, del sangue, della morte. Il poeta vorrebbe somigliare a questo paese, condividerne la calma, steso a riposare. Ma il messaggio, formulato in questi termini, non lo soddisfa, perché non è abbastanza forte: l’azione di somigliare non implica un atto di volontà, perché la somiglianza non dipende da chi la ha. Ecco, allora, la sostituzione di somigliare con imitare: il poeta vorrebbe poter imitare il modo di essere di questo paese, la sua serenità e la sua tranquillità, per adagiarsi abbandonato nella pace che comunica il manto di neve. Eppure, pur desiderandolo con tutte le proprie forze, non può e non riesce a ottenere questo risultato, perché la guerra, con la sua brutalità, è ovunque intorno a lui e non si può dimenticare, neppure per un attimo, neppure se lo si desidera. La drammaticità di questo messaggio è esaltata da queste due varianti, che fanno capire al lettore l’impossibilità, per chi è in guerra, di poter godere anche solo di un breve attimo di serenità.

Non sono solo i livelli di un testo a essere legati da profondi rapporti. Anche la letteratura può infatti essere considerata un sistema, perché è un insieme strutturato di testi (opere) che hanno significative relazioni reciproche. Come abbiamo avuto modo di anticipare nella terza lezione, ogni autore colloca – esplicitamente o implicitamente – la propria opera nell’ambito di una tradizione, di un genere, di un orientamento stilistico: in questo modo essa entra inevitabilmente in rapporto con le opere analoghe, contemporanee e precedenti.

Ma che cos’è un genere? Il genere può essere definito come una categoria retorica nata per classificare le opere letterarie in grandi gruppi. Esso è dunque l’insieme di testi / opere che condividono, oltre a modelli testuali completi, alcune scelte di natura linguistica, stilistica, strutturale o tematica. Nella concezione classica (che è durata fino al Romanticismo) il genere era di natura normativa e precettistica, in quanto forniva rigide regole cui attenersi nella composizione dell’opera; nella concezione moderna esso è descrittivo-storico, perché serve semplicemente a riconoscere gli elementi specifici propri del sistema dei generi (se ho tra le mani un libro in cui si verifica un crimine e agisce un investigatore so già che sto per leggere un romanzo giallo).

Nella letteratura possiamo distinguere tre macrogeneri (epica, lirica e dramma, quest’ultimo a sua volta suddiviso in tragedia e commedia) e numerosi microgeneri (per esempio epigramma, idillio, elegia…).

Il compito di fornire le indicazioni per la lettura dei generi e delle opere è svolto dalla critica letteraria. Essa, nata in età alessandrina (III secolo a.C.), si è sviluppata nel senso moderno del termine dal 1500. Il critico letterario è una sorta di interprete del giudizio pubblico, che indica ai lettori che posizione assumere nei confronti delle opere a seconda dei diversi metodi di lettura (semiologico, sociologico, filologico, formalistico…), che poggiano su discipline e teorie filosofiche ed estetiche diverse (per esempio alcune partono dall’aspetto formale dei testi, altre dal rapporto che essi hanno con le realtà esterne…). Nessuno di questi metodi è univoco e può, da solo, rivelarci l’inesauribile ricchezza di un’opera letteraria: in un saggio (che è la forma di espressione della critica) i critici mettono i lettori in grado di trovare, con la loro guida, il senso di un’esperienza che arricchirà loro la vita.

Il lavoro della critica permette di ricostruire anche una vera e propria storia della letteratura. Fino a gran parte del secolo XVIII gli studiosi hanno privilegiato l’analisi del testo letterario volta alla comprensione delle caratteristiche formali che avevano permesso la creazione di capolavori da prendere come modello e da cui estrarre norme di scrittura di validità universale. Nulla – o poco – importava, dunque, il contesto in cui queste opere erano nate. Poi, però, l’approccio è cambiato.

Tra la fine del ‘700 e gli inizi dell’‘800 i romantici, abbandonata la fiducia nell’atemporalità dei modelli e in un Bello eterno, affidano alla storia il compito di indagare la diversità delle tradizioni nello spazio e nel tempo e di delineare lo spirito di una nazione nella sua manifestazione più alta: la letteratura.

Nel ‘900 risulta particolarmente significativa la posizione di Benedetto Croce, uno dei maggiori critici italiani: egli sostiene che l’essenza dell’arte è intuizione pura, cioè un atto individuale, autonomo e irripetibile. In quest’ottica il modo ideale per studiare la letteratura è la monografia, cioè lo studio di un solo autore, che illustri l’atto creativo che è alla base del suo prodotto, presentato come un unicum che rende privo di valore storico e conoscitivo il concetto di genere letterario.

Nel secondo dopoguerra si è diffuso l’orientamento sociologico, che avverte la letteratura come il prodotto di una determinata struttura economico – sociale. Il rischio di questa impostazione è di ridurre la letteratura a un documento di ambiente, cosa che equivale a non comprenderla nella sua complessità.

Sempre nel secondo dopoguerra si è diffuso anche l’orientamento semiotico. Secondo questo approccio, il testo o l’opera letteraria, sottoposti a un esame che pretenda di identificare e di illustrare le linee di sviluppo storico di fenomeni artistici, perdono alcuni tratti peculiari; d’altra parte per comprendere e decodificare correttamente un testo bisogna possedere e usare molte informazioni che si riferiscono al contesto che l’ha visto nascere, pena il fraintendimento totale o parziale del messaggio. Storicizzare è dunque di basilare importanza per la letteratura, così come sono basilari codici e convenzioni (retorico – stilistici, ideologico – culturali…).

Sarà quest’ultimo l’approccio che ci accompagnerà: siamo finalmente pronti per cominciare il nostro viaggio…

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