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grammatica e letteratura italiana | latina | greca

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Tifone

in IL MITO / LETTERATURA GRECA

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Tifone (o Tifeo), il cui nome – connesso al verbo greco τυφόω – significa “fumo stupefacente”, fu il più grande di tutti i mostri greci; era figlio di Gea, la Terra, madre comune di tutti gli esseri viventi, e del Tartaro, il mondo sotterraneo situato nella parte più profonda dell’Ade.

Secondo altre versioni, fu generato dalla sola dea Gea (o da Era) e cresciuto dal serpente Pitone.

Omero, Esiodo, Apollodoro e Ovidio ci dicono che Tifone era più alto di una montagna, tanto da toccare le stelle; aveva cento orrende teste di serpente che si agitavano in continuazione e che emettevano ogni sorta di suono: muggiti di toro, ruggiti di leone, latrati di cane… che si sentivano per tutto l’Universo; la parte bassa del suo corpo era un groviglio di serpenti. Con le sue smisurate braccia poteva abbracciare tutto l’orizzonte, da Oriente a Occidente; nelle mani, al posto delle dita, aveva cinquanta (o cento) teste di serpente. Il corpo era interamente coperto di penne e di piume; aveva orecchie appuntite d’asino, lunghi capelli e una folta e sporca barba rossa; sulla schiena c’erano due ampie ali che, una volta aperte, oscuravano il Sole; dai suoi occhi uscivano fiamme e dalla bocca rocce infuocate. Il ritratto di Tifone differisce in questi autori per alcuni dettagli, ma tutti sono concordi nel sottolinearne la spaventosa grandezza e la bestialità.

Per vendicare la madre, a cui Zeus aveva ucciso i figli, i mostruosi Ecatonchiri, Tifone decise di assaltare l’Olimpo, il monte situato tra la Macedonia e la Tessaglia sulle cui cime innevate e coperte di nubi risiedevano gli dei, in meravigliosi palazzi. Gli dei, terrorizzati, fuggirono in Egitto e si nascosero nel deserto, dove si trasformarono in animali: Apollo in un corvo, Venere in un pesce, Artemide in una gatta, Ermes in un ibis, Ade in uno sciacallo… motivo per cui – secondo Luciano, autore di un’operetta intitolata Dei sacrifici – in Egitto nacquero i culti animaleschi.

Solo Zeus e Atena decisero di affrontare l’orrendo mostro. Atena fu subito sconfitta; accorse allora Zeus: al suo passaggio terra, cielo e mare rimbombarono cupamente. Tifone lanciò addosso a Zeus due tremende fiammate, che generarono i deserti del Sahara e dell’Arabia Saudita. Il combattimento proseguì poi sul monte Casio, ai confini tra Egitto e Arabia, dove Zeus era particolarmente venerato. Zeus scagliò contro Tifone i suoi fulmini e lo colpì con una falce d’acciaio (o di diamante). Tifone, seppur ferito, riuscì a strappare dalle mani di Zeus la falce, con cui gli recise i tendini delle braccia e delle gambe. Zeus, ridotto all’impotenza, fu rinchiuso in una grotta della Cilicia, detta antro coricio, e affidato in custodia a Delfine, un mostro per metà donna e per metà serpente, che alcuni ritengono la sorella, altri la compagna di Tifone.

Gli dei Ermes e Pan accorsero in aiuto del Padre degli dei: essi riuscirono a vincere Delfine (Pan la terrorizzò con un urlo o, per altri, la addolcì suonando il flauto) e a farsi consegnare i tendini di Zeus, che la dragonessa teneva nascosti in una pelle di orso, dopo che Tifone glieli aveva affidati. Secondo altre fonti, invece, a salvare Zeus fu l’eroe greco Cadmo, che si trovò per caso a passare di lì: egli era un bravissimo musicista, così suonò il suo flauto per i due mostri. Quando essi gli chiesero di suonare per loro anche la lira, Cadmo disse che non poteva, perché le corde erano rotte. I due gli consegnarono allora i tendini di Zeus, affinché li usasse come corde: Cadmo suonò per loro la lira, ma di notte, con il favore delle tenebre, restituì i tendini a Zeus, che fu subito risanato. Altri ancora raccontano che Cadmo uccise Delfine nel sonno e che poté così recuperare i tendini, che restituì a Zeus.

Zeus, dunque, riottenuti i tendini e perfettamente ristabilito, poté mettere in atto la sua vendetta, inseguendo Tifone su un carro tirato da cavalli alati e lanciando fulmini contro di lui. Tifone, per evitare la furia di Zeus, fuggì verso il monte Nisa, nel lontano Oriente: lì perse in parte le sue smisurate forze mangiando dei frutti magici che gli erano stati offerti dalle Moire, le tessitrici della vita. Una volta arrivato in Tracia, Tifone sovrappose delle montagne per farle rotolare addosso a Zeus: il dio riuscì però a evitarle. Le montagne, rimbalzando, colpirono il mostro: da quel momento una di loro prese il nome di Emo, perché macchiata del sangue di Tifone.

Tifone proseguì comunque la sua fuga volando in Sicilia, dove fu raggiunto da Zeus, che gli scagliò addosso il monte Etna e l’intera isola, sotto la quale rimase schiacciato: sopra la sua mano destra c’è Messina, sopra la sinistra Pachino, sopra i piedi c’è Trapani e sulla bocca l’Etna. Il tragediografo Eschilo e il poeta Pindaro dicono che affacciandosi alla bocca del cratere è possibile sentire i tremendi suoni emessi dal gigante; i suoi tentativi di liberarsi dal peso dell’isola provocano eruzioni e terremoti.

Un’altra versione del mito spiega, invece, che Tifone fu scagliato in mare e incatenato sotto l’isola di Ischia: le sorgenti termali presenti sull’isola – riscaldate dalle fiamme che escono dalla bocca del mostro – sarebbero dovute alle copiose lacrime da lui versate.

Dalle nozze di Tifone con Echidna, un mostro per metà donna e per metà serpente – che secondo alcune versioni del mito era sua sorella -, nacquero molti mostri, tra cui ricordiamo il Leone di Nemea, un mostruoso essere invulnerabile ucciso da Eracle nella sua prima fatica, l’Idra di Lerna, un serpente dalle molte teste che Eracle uccise nella seconda fatica, il cane a due teste Ortro, ucciso da Eracle nella sua decima fatica, la Sfinge, una leonessa alata con testa di donna, Cerbero, il cane a tre teste custode dell’Oltretomba, la Chimera, con corpo e testa di leone, una testa di capra sul dorso e un serpente per coda…

La vittoria del Padre degli dei su Tifone è la prova dell’assoluta superiorità di Zeus su tutti gli altri dei, persino sulla Terra: in questo modo le divinità antropomorfiche sanciscono la propria supremazia sulle divinità primordiali – di cui la Madre Terra è la rappresentante più autorevole e Tifone un altrettanto significativo esempio, in quanto responsabile di eruzioni e terremoti – in un percorso di raggiungimento di un ordine del cosmo caratterizzato da misura e armonia.

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