Fr. 168b Voigt
in TESTI / SAFFO / POETI MELICI MONODICI E CORALI / LETTERATURA GRECA
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I lirici greci amano rivolgersi a un interlocutore, vero o fittizio: in questi versi la poetessa Saffo sceglie invece di parlare a se stessa…
Δέδυκε μὲν ἀ σελάννα
καὶ Πληΐαδες· μέσαι δὲ
νύκτες, παρὰ δ᾽ ἔρχετ᾽ ὤρα,
ἔγω δὲ μόνα κατεύδω.
È tramontata la luna
(sono tramontate) anche le Pleiadi; a metà
(è) la notte, il tempo passa,
ma io dormo sola.
(traduzione di A. Micheloni)
Si è a lungo discusso sull’attribuzione di questo frammento a Saffo: esso ci è infatti giunto per tradizione indiretta, in un manuale di metrica di uno studioso del II secolo a. C., Efestione, che non ne cita l’autore. Motivazioni di carattere linguistico, stilistico e metrico hanno fatto a lungo dubitare parecchi critici – tra cui Lobel e Page – che sia stato scritto da Saffo: oggi, invece, l’attribuzione alla poetessa di Lesbo è ampiamente condivisa.
Questo breve componimento – che alcuni ritengono concluso, e non un frammento di una lirica più lunga andata perduta – ci presenta un paesaggio notturno, in cui la poetessa descrive il tramonto della luna e delle stelle: ora che non ci sono nemmeno gli astri della notte a farle compagnia, ella avverte una sensazione di solitudine ancora più forte.
In questa fredda notte d’inverno (il tramonto concomitante della luna e delle Pleiadi nella prima parte della notte la colloca, infatti, tra la seconda metà di gennaio e la prima metà di febbraio), l’immensità di un cielo vuoto, silenzioso e buio introduce ed esalta, dunque, il vero protagonista del frammento, il senso di solitudine che la poetessa avverte dentro di sé, accentuato da questo tempo quasi sospeso.
Non sappiamo se questa sensazione sia causata dall’allontanamento di un’alunna particolarmente cara a Saffo, che ha lasciato il tiaso perché sta per sposarsi (abbandono a cui potrebbe alludere la scomparsa dell’immagine splendente della luna) o dalla percezione dell’inesorabile scorrere del tempo (in quanto tale oppure quello della giovinezza oppure ancora quello dell’ora fissata per un appuntamento disatteso): ciò che è chiaro è che questo paesaggio silenzioso e scuro agisce fortemente sullo stato d’animo di Saffo, che, sdraiata da sola nel suo letto, percepisce in questa immobilità – in maniera quasi ossimorica – proprio lo scorrere del tempo, che la lascia sospesa tra un senso di sconforto e un’inutile attesa…
Analisi del testo
METRO: strofe tetrastica di enopli o paragliconei (con la prima sillaba spostata alla fine) o ipponattei acefali
Δέδυκε: è la terza persona singolare dell’indicativo perfetto attivo del verbo δύω, che alla lettera significa andare sotto, immergersi. Il perfetto è stato usato per evidenziare l’aspetto risultativo dell’azione, perché la luna, essendosi ormai completamente immersa nel mare, è tramontata, e dunque assente. Questo verbo si trova, con lo stesso utilizzo, anche nei testi omerici.
ἀ σελάννα: corrisponde all’attico ἡ σελήνη (l’assenza dello spirito aspro sull’articolo è dovuta al fenomeno – tipico dell’eolico – della psilosi). Di solito il termine luna non è preceduto dall’articolo, tranne al nominativo, quando, come in questo caso, fornisce un’indicazione temporale.
Πληΐαδες: corrisponde all’attico Πλειάδες, termine che definisce la costellazione delle sette Pleiadi, detta anche Chioccetta. Secondo il mito le Pleiadi erano le figlie di Atlante e della ninfa Pleione: Zeus le trasformò prima in colombe e poi in stelle per aiutarle a fuggire dal feroce cacciatore Orione, che, essendosi innamorato di loro, le inseguì per cinque anni in tutta la Beozia. Secondo un’altra versione del mito esse furono trasformate in stelle dopo essere morte di dolore per la scomparsa del fratello Iante, che morì durante una partita di caccia in Libia, ucciso da un cinghiale o da un leone oppure dal morso di un serpente.
Le Pleiadi, che appartengono alla costellazione del Toro, erano – come ci dice il poeta Esiodo nel suo poema intitolato Opere e giorni – un importante riferimento per la navigazione e per l’esecuzione dei lavori agricoli: esse, infatti, segnalano il cambio di stagione, poiché sorgono all’inizio dell’estate e tramontano all’inizio dell’inverno.
In questi versi il tramonto delle Pleiadi allude al fatto che, come viene ribadito poco dopo (μέσαι δὲ νύκτες), siamo ormai nel cuore della notte.
μέσαι: è una forma omerica: quella eolica presenta, infatti, la doppia sigma; ha la funzione di parte nominale, anche se manca il verbo essere, sottinteso per dare all’espressione un senso di vaghezza. L’aggettivo è stato separato con un enjambement dal sostantivo a cui si riferisce, νύκτες, per enfatizzare l’indicazione temporale; νύκτες è stato usato al plurale per mettere in evidenza le singole interminabili ore che compongono questo sofferto momento di solitudine.
παρὰ… ἔρχετ: tmesi per παρέρχετ(αι). La tmesi, mettendo in evidenza la preposizione, sottolinea l’idea dell’inesorabile scorrere del tempo (non a caso questo verbo è spesso usato anche per descrivere il movimento delle onde del mare).
ὤρα: corrisponde all’attico ὣρα (per la presenza della psilosi); come visto in sede di commento, questo sostantivo, polisemico, può essere inteso – a seconda delle interpretazioni – come tempo in senso assoluto, come giovinezza o come tempo fissato per un appuntamento.
ἔγω: corrisponde all’attico ἐγὼ, per il fenomeno – tipico dell’eolico – della baritonesi delle ossitone, per cui i dialetti eolici dell’Asia Minore non presentano parole ossitone, in quanto l’accento risale il più indietro possibile (naturalmente nel pieno rispetto delle regole dell’accentazione). Il nesso contrastivo ἔγω δὲ ricorre con una certa frequenza nei versi di Saffo.
μόνα κατεύδω: corrisponde all’attico μόνη καθεύδω (nel verbo ha infatti agito la psilosi, che ha deaspirato la dentale sorda aspirata). Il verbo κατεύδω – usato al presente per mettere in evidenza l’aspetto durativo dell’azione – deve essere inteso con una sfumatura erotica, sulla base del significato che esso assume, per esempio, nel verso 313 dell’VIII libro dell’Odissea. Da notare, infine, la collocazione dell’aggettivo μόνα, in funzione di predicativo del soggetto: esso infatti, posto al centro del verso che chiude il componimento, esalta la dolorosa solitudine della poetessa in questa fredda e buia notte d’inverno.
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