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grammatica e letteratura italiana | latina | greca

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Alcmeonis

in SACERDOTESSE / EPITAFI… E DONNE /EPITAFI DI ETA’ ELLENISTICA DEDICATI A FIGURE FEMMINILI / APPROFONDIMENTI / LETTERATURA GRECA

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Un’iscrizione proveniente da Mileto, incisa sulla base rettangolare di una statua, ricorda Alcmeonis, figlia di Rodio e sacerdotessa delle Baccanti, che rivendica con orgoglio, nel suo epitafio, l’attività svolta in onore del dio Dioniso.

1Τήν ὁσίην χαίρειμ πολιήτιδες εἴπατε Βάκχαι
ἱρείην1 · χρηστῆι τοῦτο γυναικί θέμις·
ὑμᾶς κεἰς ὄρος ἦγε καί ὄργια πάντα καί ἰρά
ἤνεικεμ, πάσης ἐρχομένη πρό πόλεως.
5τοὔνομα δ’ εἴ τις ξεῖνος ἀνείρεται, ᾿Αλκμειωνίς2
ἡ ᾿Ροδίου, καλῶμ μοῖραν ἐπισταμένη.

1Salutate, concittadine Baccanti, la pia
sacerdotessa: (è) giusto questo per una donna perbene.
Essa vi condusse sul monte, (compì) tutti i riti e portò
gli arredi sacri, camminando davanti all’intera città.
5Se qualche straniero vuol conoscere il (mio) nome, (io sono) Alcmeonis
la figlia di Rodio, e conosco un felice destino.

Traduzione di A. Micheloni

Quest’iscrizione è stata trovata in un luogo che gli studiosi tedeschi chiamano la Baia dei Leoni, perché vi è stata rinvenuta una parte dei grandi leoni di marmo che segnavano visibilmente, da una parte e dall’altra, l’entrata del porto della città. Non sembra però possibile, nonostante le affermazioni dell’iscrizione, localizzare in questa sede un santuario di Dioniso: gli studiosi tedeschi che hanno diretto gli scavi collocano infatti il santuario del dio – basandosi sulla scoperta di un quartiere ricco di iscrizioni relative al culto di Dioniso (dediche, regolamenti per sacrifici e iniziazioni, liste di nomi) – dentro lo spazio compreso tra il teatro e il palazzo del consiglio.

Non possiamo nemmeno datare con precisione l’epigramma, perché i nomi propri milesi che vi sono contenuti ci sono sconosciuti: alcuni studiosi lo ritengono della piena età ellenistica, altri pensano invece al tardo ellenismo. Esso sembra però inserirsi perfettamente nel clima di serenità politica dei primi anni di governo di Tolomeo II Filadelfo, quando Mileto assaporava i benefici concessi dal nuovo protettore, che donò agli abitanti della città un territorio non meglio identificato e assicurò pace al popolo, che poté così dedicarsi con serenità ai suoi culti.

Le più antiche dediche milesie in onore di Dioniso sono databili al V secolo a.C., ma è probabile che il culto di questo dio a Mileto risalga addirittura alla fine del VI secolo a.C., periodo a cui può essere ascritto un calendario religioso che menziona le Dionisie, le feste in onore del dio. L’evidente antichità del culto di Dioniso a Mileto è comunque attestata dal fatto che due mesi del calendario erano detti Lénaeon e Anthésterion, epiteti di Dioniso.

Sono numerosi anche i regolamenti religiosi ritrovati in città, il più antico dei quali, del 276/5 a.C., dà particolare risalto ai sacerdoti, considerati non solo i rappresentanti del Tempio, ma anche gli intermediari ufficiali tra la città e il dio. La loro carica era dunque prestigiosa e molto ambita, anche perché il suo esercizio comportava delle entrate regolari: per questo motivo dal IV secolo a.C.  – e soprattutto nel III – le città vendettero il sacerdozio, di modo che gli acquirenti potessero poi tenere per sé i guadagni legati al culto. Questa pratica fu diffusa soprattutto in Asia Minore e nelle isole vicine (a Cos, per esempio), come dimostrano parecchi documenti. È molto probabile, quindi, che Alcmeonis abbia regolarmente acquistato la sua carica di sacerdotessa delle Baccanti secondo le modalità attestate da questa legge: il pagamento poteva essere effettuato in un lasso di tempo di dieci anni, in ragione di una decima per anno.

Poste queste premesse, risulta comprensibile che la sacerdotessa, in virtù dell’importante posizione rivestita all’interno della città, richieda gli omaggi dovuti alla sua carica anche dopo essere defunta: Alcmeonis, infatti, sembra molto orgogliosa di aver svolto con diligenza le sue mansioni, tanto che, rivolgendosi in prima persona alle sue concittadine, le esorta a salutarla come un atto che le è dovuto.  

La prima mansione da lei ricordata è quella di condurre le devote a Bacco su un monte, che alcuni studiosi hanno proposto di identificare con il Grion, un rilievo alto poco più di cinquecento metri che appartiene alla catena dei monti Latmi, un luogo che appare particolarmente adatto, data la sua ricca vegetazione, ad accogliere le Baccanti (anche Euripide, infatti, nelle Baccanti, la più famosa testimonianza letteraria dedicata a questo culto, colloca le devote all’ombra di alberi). Il fatto che il rilievo disti circa dodici chilometri da Mileto non deve sorprendere, dato che anche le donne tebane compivano più o meno lo stesso tragitto per recarsi sul monte Citerone: le cerimonie in onore di Dioniso avevano infatti sempre luogo in montagna, accompagnate, con ogni probabilità, da danze, canti e banchetti, di cui si fa menzione nella già citata legge del 276/5. Sicuramente i culti avevano già perso, in questo periodo, il loro primitivo e selvaggio furore, di cui resta il ricordo nelle Baccanti di Euripide.

Il secondo compito ricordato dalla sacerdotessa era quello di dirigere le cerimonie sacre, dopo aver portato tutti gli arredi: l’importanza degli arredi sacri connessi a questo culto è confermata anche da Virgilio, che, nelle Georgiche (IV 521) e nell’Eneide (IV 301-3), citando i culti delle Baccanti, parla dei sacra deum, cioè degli oggetti sacri necessari per le cerimonie.

Questi compiti sono stati svolti camminando davanti all’intera città: l’espressione πρό πόλεως appare spesso in iscrizioni che hanno a che fare con il culto e si riferisce, di solito, alla posizione del tempio rispetto alla città. In questo caso, però, come ho messo in evidenza nella traduzione, ritengo che l’espressione non si riferisca tanto al luogo di culto quanto piuttosto al fatto che la sacerdotessa doveva guidare le Baccanti sulla montagna camminando davanti a loro, come confermato dal regolamento religioso del 276/5 (r. 3-5).

Per questa cerimonia la sacerdotessa poteva riunire sia il tiaso pubblico (composto da ogni sorta di persona) sia il tiaso formato dalle sole donne della città: è proprio questo – data la menzione nell’epigramma delle πολιήτιδες Βάκχαι – che Alcmeonis soleva condurre sulla montagna.

Ai misteri dionisiaci allude probabilmente l’ultimo verso, che richiama i versi 72-77 delle Baccanti di Euripide: Felice chiunque, fortunato, conoscendo le sacre parole degli dei, purifica la vita e si santifica nell’anima, invaso dal furor bacchico sui monti, con sacre espiazioni. Si accenna qui, infatti – in modo molto semplice e immediato – al benessere di cui gode ora Alcmeonis, in virtù della sua retta condotta di vita precedente: secondo alcuni studiosi questo epitafio confermerebbe la diffusione tra i Greci di un’idea di immortalità che, seppur molto indefinita, doveva tuttavia esser presente. La sacerdotessa continua, infatti, anche da defunta, a spronare le Baccanti a proseguire le loro pratiche purificatorie perché esse assicurino anche a loro quella felicità nell’aldilà che ella sta ora sperimentando.

In realtà questa sacerdotessa appare, nel suo epitafio, molto orgogliosa non solo della propria attività religiosa, ma anche di essere stata una donna perbene: è infatti significativo che essa accosti le due dimensioni della sua vita, quella religiosa e quella privata, già nei primi due versi dell’epigramma, come a sottolineare che nessuna delle due esclude l’altra.

Non possiamo dire con certezza chi abbia posto l’epitafio per Alcmeonis: chiunque sia stato, doveva aver ben presente questi due diversi aspetti della vita della donna, egualmente degni di lode.

Note

1. Ἱρεία è una forma equivalente ad ἱερεία (ionico ἱερείη).
2. Il nome Ἀλκμειῶνις, non altrimenti attestato, appare qui nella forma allungata (Ἀλκμειωνίς) per motivi metrici (come anche la forma ξείνος per ξένος).
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