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grammatica e letteratura italiana | latina | greca

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Epigrammata, I, 10

in TESTI / MARZIALE / L’ETÀ DEI FLAVI E DI TRAIANO / LETTERATURA LATINA

Gemello e Maronilla

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Che cosa ha di speciale Maronilla, che ha fatto perdere la testa a Gemello? Una bellezza straordinaria? Un fascino irresistibile? Niente di tutto ciò, come scopriamo leggendo questo celebre epigramma di Marziale…

Petit Gemellus nuptias Maronillae
et cupit et instat et precatur et donat.
Adeone pulchra est? Immo foedius nil est.
Quid ergo in illa petitur et placet? Tussit.

Gemello aspira alla mano di Maronilla
e la desidera ardentemente e le sta dietro e la scongiura e la riempie di doni.
È dunque tanto bella? Niente affatto, non c’è nulla di più repellente.
Che cosa allora è desiderato e piace in lei? Tossisce.

(traduzione di A. Micheloni)

Maronilla è molto brutta, ma è ammalata di tisi, e quindi si suppone che morirà presto: chi la sposerà erediterà una bella fortuna. Un’occasione che Gemello, il protagonista dell’epigramma, non intende proprio farsi scappare, perché il matrimonio d’interesse era, a Roma, uno dei modi più rapidi per migliorare la propria posizione sociale.

Nella Roma imperiale del I secolo d. C., dove la forte crisi demografica – accompagnata da un consistente aumento del benessere economico – aveva reso numerose le ricche famiglie prive di eredi legittimi, era abbastanza frequente che alcune persone avide e senza scrupoli, una volta identificata una possibile preda – generalmente una persona malata o anziana, ricca e senza figli, proprio come Maronilla – la avvicinassero e fingessero di diventarne amici, con la speranza di essere ricordati nel testamento: è proprio questo l’intento di Gemello, che mette in atto ogni strategia per non lasciarsi scappare una matrona facoltosa, senza marito e figli, che si trova in precarie condizioni di salute.

Gemello può dunque a buon diritto essere considerato un captator o heredipeta, un cacciatore di eredità, uno dei tanti tipi umani che Marziale incontrava quotidianamente nel foro, nelle dimore private, nelle terme, per strada – insieme a parassiti, imbroglioni, avari, ladri, prostitute, ubriaconi, donne scostumate, sfaccendati, arricchiti, poetastri, medici cialtroni… – che anteponevano l’espediente al lavoro, il divertimento all’impegno, il piacere alla virtù. Il poeta li ritrae senza sconti, ma anche senza alcun tipo di giudizio: egli non si propone certo di correggere i costumi, ma piuttosto di intrattenere il lettore e di strappargli un sorriso, descrivendo la culpa senza citare i colpevoli (parcere personis, dicere de vitiisrisparmiare le persone, parlare dei difetti – afferma, infatti, nell’epigramma 33 del X libro dei suoi epigrammi).

Anche altri autori, come Orazio e Petronio, attestano la diffusione dei cacciatori di eredità, come già visto a proposito dell’epigramma XI, 44: quelli che prendono di mira le ricche vedove sono soprattutto presenti nel genere della satira (in particolare in quella di Persio e di Giovenale) e nel Satyricon di Petronio, mentre sono meno frequenti nei versi di Orazio.

Il testo proposto consente di illustrare in modo particolarmente chiaro la struttura tipica dell’epigramma di Marziale, individuata da un grande studioso del Settecento, Gotthold Ephraim Lessing. Essa in questo epigramma risulta tripartita: a una prima parte descrittiva (vv.1-2), che presenta una situazione – e che lo studioso chiama Attesa, fa seguito una seconda parte (vv. 3- 4) che propone un botta e risposta tra il poeta e un immaginario interlocutore, e infine una lapidaria terza parte (Tussit), definita Scioglimento, che contiene una battuta (che va sotto il nome di aprosdόketon – o inopinatum -, fulmen in clausula, venenum in cauda o aculeus), che risulta tanto più divertente quanto è più lontana da ciò che il lettore si aspetta, cioè tanto più è in grado di creare un effetto di sorpresa e di straniamento.

Analisi del testo

METRO: trimetri giambici scazonti

Petit: il valore primario di questo verbo polisemico è volgersi a: in questa accezione esso regge sempre l’accusativo della cosa ed esprime un movimento, proprio o figurato. Lo vediamo nell’espressione presente in questo verso, petere nuptias, aspirare alle nozze, ma anche in petere aliquid chiedere (per avere) qualcosa (con a / ab e ablativo della persona a cui si chiede), petere urbem, dirigersi in città, petere hostem, assalire il nemico, petere consolatum, aspirare al consolato, petere salutem, cercare la salvezza…

Maronillae: è un genitivo oggettivo (alla lettera: con Maronilla).

Et: il polisindeto lega tra loro i verbi per conferire al verso un ritmo incalzante, che sottolinea l’urgenza di questo amore, non perché esso bruci dentro il petto dello spasimante, ma perché deve essere ufficializzato… prima che sia troppo tardi! Per ottenere lo stesso scopo, inoltre, tutti i verbi sono usati in senso assoluto.

Adeone: adeo è seguito dalla particella enclitica interrogativa –ne, che nelle domande dirette indica l’incertezza della risposta. Di solito non si traduce, perché in italiano la domanda viene introdotta solo da una particolare intonazione della voce.

Foedius nil est: la risposta alla domanda dell’interlocutore non lascia dubbi grazie alla figura retorica dell’iperbole e al costrutto nihil (in questo caso nella forma contratta) più aggettivo comparativo, particolarmente espressivo perché tipico della lingua parlata. Naturalmente il secondo termine di paragone – che resta sottinteso – è “di Maronilla”.

Petitur: da intendere con valore impersonale.

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