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grammatica e letteratura italiana | latina | greca

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La morte mi è nemica

in TESTI / ALDA MERINI / L’ETA’ CONTEMPORANEA / LETTERATURA ITALIANA

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La vita di Alda Merini è stata caratterizzata da anni di solitudine e di intenso dolore: non stupisce, dunque, che in questo componimento ella rimproveri la morte, che tarda ad arrivare…

1La morte mi è nemica
non mi viene a rapire
e pur con le mie dita
io tento di fuggire
5da questa amara vita,
ma non vuole colpire
il mio cuore di foglia1,
morte vuole tradire
questa tenera voglia2
10e morir fa l’insetto
e la gente gentile
ma a me che son reietta3
non mi viene a colpire.

Da A. Merini, La Terra Santa e altre poesie, Manduria, Lacaita, 1984

1La morte mi è nemica
non mi viene a rapire
e pur con le mie dita
io tento di fuggire
5da questa amara vita,
ma non vuole colpire
il mio cuore di foglia1,
morte vuole tradire
questa tenera voglia2
10e morir fa l’insetto
e la gente gentile
ma a me che son reietta3
non mi viene a colpire.

Da A. Merini, La Terra Santa e altre poesie, Manduria, Lacaita, 1984

Alda Merini soffriva di una grave malattia nervosa, un disturbo bipolare che la costrinse a subire lunghi ricoveri in ospedali psichiatrici (i cosiddetti manicomi, che furono chiusi nel 1978 per disposizione della legge Basaglia), luoghi in cui, ebbe modo di dire la poetessa, si impara a morire. Alla malattia si aggiunsero le difficoltà economiche, la solitudine (determinata anche da infelici storie d’amore) e la separazione forzata – per lunghi tempi – dalle quattro figlie: per questo la morte le appare una liberazione.

Ma la morte tarda a venire: ella è definita nemica proprio perché non raccoglie il richiamo della poetessa, che desidera fuggire dalla sua amara vita. In realtà non è solo il richiamo inascoltato a ferire la donna: è anche – e soprattutto – il fatto che la morte scelga di prendere con sé creature che non lo meritano – le persone gentili, gli insetti – e disdegni invece una reietta.

L’accostamento di queste due creature – l’insetto e la gente gentile – non è casuale: entrambi sono elementi di quel creato che la poetessa guarda con un sentimento francescano (presente anche in altri testi, per esempio in Perché amo gli animali) che annulla le barriere che separano il regno degli uomini e quello della natura, ambedue riconosciuti come creazioni di un unico e vero Dio a cui ella anela, ma che non riesce a raggiungere.

La poetessa si sente, infatti, una peccatrice, che la follia ha trasformato in una reietta, un aggettivo carico di significati, perché non allude solo a una condizione di desolazione e di abbandono, di emarginazione sociale e di disagio economico, ma anche a un senso di lontananza dalle persone perbene, che non meriterebbero sofferenze. Di qui la sua protesta, per quella che – indipendentemente dai piani imperscrutabili di Dio – le sembra una forte ingiustizia.

Sono proprio questa tensione mistico – religiosa e questo sentimento di fratellanza – che caratterizzano molte delle liriche della Merini – a far sì che la costante presenza dell’io e la sua centralità nei versi non si trasformino in un’egoistica chiusura in sé stessi, ma diventino un modo per raccontarsi agli altri. Alda Merini intende infatti la poesia come un’espressione spontanea, emotiva, uno sfogo in cui confessare la propria fragilità e tentare di lenire il dolore, uno strumento, insomma, per squarciare – con le dita che scrivono parole – la rete che la avviluppa: lo ha detto e ribadito con forza lei stessa, sostenendo che forse è grazie alla poesia che nella mia vita, pur avendo molto sofferto, non sono mai stata disperata. Quando ho incontrato il dolore, anziché farmene annientare, ho deciso di cantarlo.

E questo canto è semplice e piano, sia nella sintassi che nel lessico. Il linguaggio è molto vicino al parlato (come dimostrano gli aggettivi nemica, tenera, gentile), i periodi sono scorrevoli, a volte con un andamento quasi colloquiale. Eppure questo andamento apparentemente così istintivo – quasi uno sfogo ad alta voce – risulta, a ben guardare, frutto di una scrittura consapevole, impreziosita da un’accurata elaborazione stilistica attestata dalla presenza di alcune scelte lessicali di livello alto (e pur nella grafia meno consueta, l’aggettivo gentile – di dantesca memoria – usato nella stessa accezione dello Stilnovo, per connotare, cioè, un animo pieno di nobili valori) e da numerose figure retoriche

Il primo elemento significativo è sicuramente la scelta del verso. La lirica è infatti interamente composta da settenari, un verso che si caratterizza per una sorta di cantabilità che addolcisce i contenuti, anche grazie alla presenza di rime (rapire: fuggire), assonanze (nemica:dita) e consonanze (insetto:reietta): questo ritmo cantabile ha l’intento di allontanare, da questa amara riflessione, i toni della disperazione, perché la lirica si propone come una semplice condivisione del proprio dolore. 

Nei versi è inoltre fortemente presente una figura retorica di suono, l’allitterazione, in particolare della lettera r e della m. La prima caratterizza vocaboli che insistono sulle azioni violente della nemica morte (rapire, tradire e colpire); la seconda lega invece la morte alla poetessa (ossessivamente rappresentata nella poesia dal pronome personale e dall’aggettivo possessivo, fino ad arrivare alla voluta sgrammaticatura degli ultimi due versi, con un a me mi che suona proprio come un grido di ribellione contro la nemica). 

Risulta infine interessante anche l’uso di altre due figure retoriche, la ripetizione di vocaboli e l’enjambement. La ripetizione (sia di parole uguali – colpire: colpire – sia di vocaboli derivanti dalla stessa radice – vuole: vuole: voglia -) ha lo scopo di richiamare l’attenzione del lettore sui nuclei tematici più importanti della lirica (nell’esempio citato la violenza con cui la morte disattende il desiderio della poetessa); l’enjambement porta in primo piano le parole chiave, come accade, per esempio, nei versi 6 – 7, colpire / il mio cuore di foglia, in cui mette in risalto la delicata metafora che avvicina il cuore della poetessa  – tormentato dalle sofferenze e dalla malattia – a una tenera foglia, contro cui la forza e l’accanimento della morte appaiono del tutto sproporzionati.

Note

1. Il mio… foglia: il mio cuore che la malattia mentale ha reso fragile come una foglia.

2. Vuole… voglia: vuole lasciare inascoltato il mio semplice e segreto desiderio.

3. Reietta: una povera disgraziata.

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