Ira, segno d’amore…
Liber, Carme 83
in TESTI \ CATULLO \ L’ETÀ DI CESARE \ LETTERATURA LATINA
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Lesbia, dopo una lite con Catullo, lo insulta davanti al marito: il povero sciocco non capisce che è l’amore che prova per l’amante a farla sbraitare in questo modo…
Lesbia mi praesente viro mala plurima dicit:
haec illi fatuo maxima laetitiast.
Mule, nihil sentis. Si nostri oblita taceret,
sana esset: nunc quod gannit et obloquitur,
non solum meminit, sed, quae multo acrior est res,
iratast. Hoc est, uritur et coquitur.
Lesbia, quando il marito è con lei, mi dice parecchie cose cattive:
questa è la gioia più grande per quello stupido.
Somaro, non capisci niente. Se stesse zitta, dimentica di me,
sarebbe guarita (dal mal d’amore): ora, dal momento che ringhia e sparla,
non solo si ricorda (di me), ma, cosa che è ben più grave,
è arrabbiata. In altre parole, arde di passione ed è cotta.
(traduzione di A. Micheloni)
Se la Lesbia di Catullo deve essere identificata con Clodia, questo carme è stato composto prima del 59 a. C., poiché il marito di Clodia, il nobile Quinto Metello Celere (governatore della Gallia Cisalpina dal 64 al 62 a. C. e console nel 60 a. C.), morì proprio quell’anno, forse avvelenato (e c’è chi pensa dalla stessa Clodia…). Si tratta, dunque, di uno dei testi che appartengono alla produzione giovanile del poeta, come conferma anche il suo atteggiamento: Catullo ritiene infatti che il comportamento di Lesbia sia una chiara prova del forte sentimento che ella nutre nei suoi confronti, tanto che nell’ultimo verso del carme afferma – in modo decisamente perentorio – arde di passione ed è cotta. Perché Catullo pensa questo? Proprio perché, come dice nel carme 92, anche lui fa… la stessa cosa: Lesbia lo insulta spesso e Catullo la ricambia con la stessa moneta, proprio perché la ama disperatamente (“sono gli stessi indizi miei: continuo a detestarla ma mi venga un colpo se non la amo!”).
Più avanti, quando la loro relazione si sarà ormai irrimediabilmente deteriorata, Catullo arriverà invece a pensare che questo comportamento sia la dimostrazione evidente del fatto che Lesbia non lo ha mai amato, e che, anzi, si è sempre presa gioco di lui…
Non bisogna comunque dimenticare che il motivo dell’ira come segno d’amore caratterizza tutta la poesia latina, in particolare l’elegia, e che dunque, anche nei due carmi citati, c’è sicuramente una forte componente letteraria.
Particolarmente interessante risulta, al verso 4, l’aggettivo sana, che deve essere inteso come guarita dal male d’amore. Anche nel carme 76 l’amore è definito dal poeta una malattia: al verso 20 Catullo scrive, infatti, toglietemi questo malanno e danno e, poco più avanti, al verso 25, chiede di guarire e di essere liberato da questo male oscuro. L’identificazione dell’amore con una malattia è solo uno dei modi a cui Catullo, gli elegiaci e, più in generale, i poeti che affrontano questo tema, fanno ricorso per descrivere gli effetti opposti di un sentimento tanto potente, che dà e annienta le forze, toglie e suscita gioia, stimola e paralizza la volontà, raddoppia e azzera le energie vitali, fino a diventare, quando non è corrisposto, una vera e propria condizione patologica costante, da cui si deve guarire…
Anche la scelta del verbo uror, bruciare, ricorre spesso nei testi che parlano d’amore, per indicare, in senso metaforico, che questo sentimento arde e infiamma l’anima e il corpo degli innamorati: Catullo lo utilizza, per esempio, anche nel carme 61, al verso 177, quando dice che all’innamorato arde una fiamma nel petto, e nel carme 72, per alludere a una passione sempre più intensa. Si tratta, in questi casi, di un amore che deve essere inteso soprattutto come attrazione fisica e desiderio, dunque fortemente legato alla componente sessuale.
Altrettanto interessanti, infine, le antitesi che percorrono tutto il testo: alla dimenticanza si oppone infatti il ricordo e al parlare il silenzio. Tali opposizioni sottolineano che le cose stanno esattamente come le descrive il poeta: non si può aver sempre presente qualcuno che si vuol far credere di aver dimenticato; anche le chiacchiere che cercano di denigrare l’amato restano tali, perché nei fatti Lesbia non sa fare a meno dell’amante, arrivando a parlarne… persino al marito!
Analisi del testo
METRO: distici elegiaci
Mala dicit: l’espressione equivale a maledicit, di cui costituisce una variante, tipica del linguaggio familiare; essa, proprio come il verbo maledicere, regge il dativo (mi = mihi).
Praesente viro: ablativo assoluto con valore temporale.
Haec… laetitiast: nel verso è presente un iperbato, poiché l’aggettivo haec è separato dal nome a cui si riferisce, laetitia, mediante l’inserimento di altre parole: in questo modo viene messa in risalto la piccola gioia di cui si accontenta il povero sciocco… Da notare anche la presenza dell’aferesi (o elisione inversa), che si ha in poesia quando una parola uscente in vocale è seguita, come in questo caso, da est: la caduta della e iniziale del verbo ha determinato la fusione (anche grafica) delle due parole.
Mule: mulus è un vocabolo che appartiene al sermo plebeius. Con esso Catullo si rivolge, con un’apostrofe che vivacizza il testo, direttamente al marito di Lesbia, che viene così ridicolizzato non solo per le sue scarse capacità cognitive (ribadite dal successivo non capisci niente), ma – forse – anche per quelle amatorie, poiché il mulo non è in grado di procreare.
Si… taceret: protasi di un periodo ipotetico dell’irrealtà, la cui apodosi è la proposizione principale sana esset.
Nostri: genitivo oggettivo di un plurale maiestatis o, più correttamente, modestiae, molto frequente nella lingua parlata.
Oblita: participio perfetto di obliviscor, con valore aggettivale. Regge il genitivo, come tutti i verbi e gli aggettivi che si riferiscono alla memoria.
Gannit: il verbo gannire, con valore onomatopeico, è tratto dalla lingua del popolo e della Commedia (per esempio, è usato da Plauto e da Terenzio), in cui indica il ringhiare dei cani. In questi versi è usato per ritrarre Lesbia in un momento in cui la rabbia prevale sulla ragione, determinando in lei reazioni e comportamenti quasi animaleschi.
Meminit: memini è un perfetto logico dal verbo difettivo memini,- isse.
Quae… res: anche in questo caso il poeta ha fatto ricorso alla figura retorica dell’iperbato, separando quae da res.
Hoc est: alla lettera vale è questo, ma di solito si rende con espressioni come cioè, in altre parole, dunque…
Coquitur: questo verbo è la lectio difficilior del loquitur che si trova in altri codici (il Veronensis deperditus, un Oxoniensis del XIV secolo e il codice X, fonte dei codici Parisinus latinus 14137 e Vaticanus Ottobonianus 1829). Il suo senso traslato, decisamente affine al nostro, è già attestato in Plauto, nel Trinummus, al verso 225: egomet me coquo et macero (io brucio dentro e mi macero).
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