Sulla riva
in TESTI \ LUZI MARIO \ L’ETÀ CONTEMPORANEA \ LETTERATURA ITALIANA

In questi versi di Mario Luzi degli uomini ricominciano senza timore la loro navigazione per mare dopo che è cessata una violenta tempesta…
anche il lupo di mare si fa cupo2
Che fai? Aggiungo olio alla lucerna,
tengo desta la stanza in cui mi trovo
5all’oscuro di te e dei tuoi cari.
La brigata3 dispersa si raccoglie,
si conta dopo queste mareggiate4.
Tu dove sei? Ti spero in qualche porto…
L’uomo del faro esce con la barca
10scruta, perlustra, va verso l’aperto5.
Il tempo e il mare hanno di queste pause.
Da M. Luzi, Tutte le poesie, Garzanti, Milano
anche il lupo di mare si fa cupo2
Che fai? Aggiungo olio alla lucerna,
tengo desta la stanza in cui mi trovo
5all’oscuro di te e dei tuoi cari.
La brigata3 dispersa si raccoglie,
si conta dopo queste mareggiate4.
Tu dove sei? Ti spero in qualche porto…
L’uomo del faro esce con la barca
10scruta, perlustra, va verso l’aperto5.
Il tempo e il mare hanno di queste pause.
Da M. Luzi, Tutte le poesie, Garzanti, Milano
Due strofe di versi endecasillabi (tranne il primo, un doppio settenario) descrivono in modo molto realistico il mare in tempesta.
Nella prima strofa le ondate che scavalcano i pontili determinano la preoccupazione del lupo di mare e del poeta: quest’ultimo, chiuso da solo nella sua casa aggiunge olio a una lanterna e si interroga su qualcuno che gli è caro, a cui rivolge direttamente una domanda: Che fai?
Nella seconda strofa la tempesta è ormai cessata o, almeno, sembra concedere una pausa: le persone escono dalle case e dai luoghi in cui hanno trovato riparo, si incontrano e si contano dopo il pericolo, perché evidentemente alcuni di loro non ce l’hanno fatta. Al lupo di mare si sostituisce l’uomo del faro, che esce in barca verso l’aperto alla ricerca di qualcuno che possa essere in difficoltà; il poeta, al contrario, non riesce né ad essere sereno né ad attivarsi, perché è ancora preoccupato per qualcuno di cui non ha notizie (al verso 8 si chiede, infatti: Tu dove sei?) e che resta indeterminato (la donna amata? Un amico?…)
La lettura denotativa – cioè letterale – del testo tratteggia, dunque, un semplice spaccato di vita marinara. Ma, come ben sappiamo, nella poesia bisogna sempre andare oltre, per cercare le vere ragioni e le intenzioni del dire del poeta. In questa lirica, per esempio, tratta dalla raccolta intitolata Onore del vero, uscita nel 1957, Luzi si distacca dalla precedente stagione ermetica per approdare a una serena riflessione sulla vita e sull’uomo, che in questo caso nasce proprio dalle ondate del mare in tempesta. Il vero a cui il poeta rende onore nel titolo della raccolta è proprio quello della realtà terrena, osservata e descritta da un testimone che la racconta senza illusioni ma anche senza disperazione.
Per mettere in atto il passaggio dalla lettura denotativa a quella connotativa basta osservare la disposizione del contenuto nei versi. Notiamo subito, infatti, che le due strofe sono state costruite in modo perfettamente simmetrico: alle ondate che scavalcano i pontili della prima strofa corrisponde, nella seconda, la fine della tempesta; al lupo di mare della prima strofa si sostituisce, nella seconda, l’uomo del faro (mentre il poeta resta in entrambe); la domanda Che fai? della prima strofa viene seguita da un’altra domanda nella seconda strofa (Tu dove sei?); infine al poeta chiuso in casa nella prima strofa si oppone l’uomo del faro che, nella seconda, esce in mare aperto. Questa struttura simmetrica non è certamente casuale, ma vuole mettere in risalto i tre nuclei tematici fondamentali di cui questi versi si fanno portavoce.
Il primo è quello della tempesta, che può essere assunta come il simbolo della vita, sia del singolo uomo che della collettività: entrambi sono a volte travolti e dispersi da eventi che riescono a intimorire anche i più forti, rappresentati dal lupo di mare, una delle tante figure umane indefinite e misteriose (l’uomo del faro, il bracconiere, il venditore ambulante, l’ubriaco…) che si incontrano in questa raccolta.
Il secondo è costituito dall’alternanza di luce e buio, che rimanda ad un’altra alternanza, presente nella vita di ogni uomo e di ogni consorzio umano, quella di paura e speranza. Quando si vive in un contesto di crisi (politica, culturale, economica, ideologica…) oppure di guerra è già molto riuscire ad aggiungere olio alla lucerna, cioè, fuor di metafora, riuscire a tenere accesa la speranza, a non smarrire sé stessi, a non abbandonarsi alla disperazione. Per Luzi aggiungere olio alla lucerna significa non solo continuare a scrivere versi nonostante il dolore e il male di vivere, ma anche provare ad avere fede in un trascendente che egli desidera ma che non riesce a raggiungere (chiuso com’è in una stanza): l’olio rimanda infatti – come accade spesso nei suoi versi – alla religione cristiana e, in particolare, al passo del Vangelo (25, 1 – 13) in cui Matteo elogia il comportamento delle vergini sagge, che, invitate alle nozze, non dimenticano di portare con sé l’olio per alimentare le lampade in caso di ritardo dello sposo, Cristo.
Il terzo e ultimo nucleo tematico è interamente affidato alla seconda strofa ed è costituito dall’importanza dell’amicizia, della solidarietà e della condivisione, che tengono uniti gli uomini in questo loro destino di gioia e di dolore. Il poeta vuole provare a rinunciare alla solitudine e all’isolamento che lo hanno caratterizzato nella fase precedente della sua scrittura poetica, perché ha compreso che la condivisione dei sentimenti è l’unica via che consente all’uomo di superare le difficoltà e di ricominciare anche dopo i momenti più cupi (cioè di rimettere in mare la barca, come fa l’uomo del faro): le pause citate nel verso 11 sono infatti i momenti tra una tempesta e l’altra, cioè tra un dolore e l’altro, tra un dubbio e un’incertezza, tra un insuccesso e una crisi… che non devono essere sprecati, ma usati per andare in cerca di chi non ha la forza – o la possibilità – di sfuggire alla tempesta.
È questo il messaggio che la tempesta ha affidato al poeta. Scrive Luzi: “Ci sono dei momenti propizi nei quali il mondo appare più trasparente, e ogni suo particolare più umile e più consueto si rivela ricco di significato; il mondo ci parla da tutti i suoi aspetti, da tutti i più modesti suoi accadimenti: l’uomo intento al lavoro, il cibo, la pioggia, il vento ci accostano a una verità più intima delle apparenze transitorie. Quando, per un nostro particolare stato di chiarezza e di grazia o per la vibrazione di un sentimento illuminato il mondo acquista questo potere di rivelazione, si possono nominare le cose senza tradirle; allora anzi esse spontaneamente traducono al concreto il nostro pensiero, lo rendono definito e certo, gli porgono le parole giuste, i termini e le immagini appropriate”. Il posto di ciascuno di noi è dunque nel flusso della vita, di cui bisogna essere pronti ad accettare la quotidiana alternanza di gioia e dolore, da condividere con i propri simili. Luzi, come fa notare il titolo della lirica, che lo colloca sulla riva, non sa ancora se riuscirà a unirsi alla brigata o ad avventurarsi per mare: ma almeno, se non ancora cominciata, la strada è già tracciata…
Per dare il giusto risalto a questi temi il poeta ha eseguito un attento lavoro anche sul piano formale. Esaminiamo insieme le scelte più significative.
Nel testo è presente una sola rima, ondate: mareggiate. Si tratta di una rima semantica, cioè di una rima che lega tra loro parole che hanno lo stesso significato: la scelta non è certamente casuale, perché serve a mettere in risalto gli elementi della tempesta che, come visto, costituisce il perno e il senso ultimo di questi versi.
Per quanto riguarda le scelte lessicali, risulta particolarmente efficace, nella prima strofa, la presenza di aggettivi e sostantivi che appartengono a due aree semantiche opposte (luce e buio: cupo e oscuro si oppongono, infatti, a lucerna e desta): nella seconda strofa la luce a cui allude la parola faro sembra invece avere finalmente il sopravvento sul buio.
Tra le figure retoriche meritano attenzione la personificazione della stanza in cui si trova il poeta (tengo desta la stanza), che allude così al luogo in cui abita la speranza, cioè il suo cuore; l’asindeto del verso 10, che, con l’incalzante successione dei verbi sottolinea l’ansia dell’uomo del faro (che non si accontenta di tenere accesa una luce, ma si attiva, ricerca e si avventura lontano dalle proprie certezze – nel mare aperto – per sfidare il male e la sofferenza), e infine l’anastrofe del primo verso, che, con l’inversione dell’ordine sintattico naturale della frase (complemento, predicato verbale e soggetto al posto del più naturale soggetto, predicato verbale e complemento) vuole mettere in risalto la fragilità – cioè la solitudine – dei pontili, che rappresenta la condizione dell’uomo che non si unisce ai suoi simili per affrontare insieme a loro le difficoltà della vita.
Al bisogno di unirsi rimandano anche le interrogative dirette, che testimoniano l’ansiosa ricerca di un dialogo che possa aiutare a stabilire con gli altri dei rapporti di affetto e d’amicizia; l’andamento prosastico e dialogico della scrittura di Luzi è ottenuto anche per mezzo di una sintassi prevalentemente paratattica.
Infine un ultimo ricordo della fase ermetica: la fine della tempesta non è descritta, ma affidata al silenzio dello spazio bianco che separa le due strofe…
Note
1. I pontili … ondate: il soggetto della frase è ondate: le ondate investono i pontili deserti.
2. Si fa cupo: è preoccupato.
3. Brigata: compagnia.
4. Mareggiate: tempeste.
5. Aperto: il mare aperto.
La Sofisteria
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