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grammatica e letteratura italiana | latina | greca

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Alto e Basso Medioevo

in IL MEDIOEVO\ LETTERATURA ITALIANA

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Per conoscere gli inizi della nostra letteratura è indispensabile conoscere il Medioevo, poiché esso ne costituisce il sostrato irrinunciabile.

Il termine Medioevo nasce da una particolare prospettiva storica: quando l’Umanesimo-Rinascimento prese coscienza di sé come rinnovamento delle glorie artistiche greco-romane, il periodo situato tra la caduta dell’Impero Romano d’Occidente (avvenuta nel 476 d.C. con la deposizione da parte del barbaro Odoacre dell’imperatore Romolo Augustolo) e il sorgere della fiducia nel rinnovamento della cultura classica (metà del 1300) – o, per altri, la scoperta dell’America (1492) – fu considerato transitorio e sprezzantemente definito “età di mezzo”.

Risulta immediatamente chiara l’opinabilità di questo nome: tutte le età sono storicamente “di transizione” poiché appaiono piene e perfette soltanto quelle che, al di fuori di una precisa considerazione storica, sono assunte come esemplari per mere ragioni pratiche (cosa che succede spesso, per esempio, con il Rinascimento, che fu comunque ricco di problemi e di contraddizioni).

La valutazione del Medioevo nel tempo è stata, in realtà, sia negativa che positiva.

Secondo gli umanisti nel Medioevo furono abbandonati gli studi filosofici e retorici, gli unici che potevano, a parer loro, rendere civili un uomo e un’epoca: di qui la presentazione del Medioevo come un periodo di oscurantismo e di barbarie, anche perché esso, caratterizzato dall’affermazione dell’autorità della Chiesa e della religione, considerava la vita terrena come una fase di passaggio alla vita dell’anima, ritenuta la vera vita, svalutando, di conseguenza, ogni esperienza terrena. Questa opinione è però oggi considerata priva di attendibilità, perché è stato dimostrato che l’interesse per la cultura classica non venne mai meno, nemmeno nei secoli più bui.

Sono però gli illuministi a creare il vero mito negativo del Medioevo: secondo loro il Medioevo è infatti la notte dei tempi, un periodo dominato dall’ignoranza e dalla superstizione, naturali conseguenze dell’abbandono della razionalità e dell’asservimento alla religione.

Nel travaglio del Medioevo i romantici vedono, al contrario, il germinare di un’attività politica, culturale e letteraria che caratterizzerà i secoli successivi. Il Medioevo non è perciò per loro un’età “di mezzo”, ma il punto di partenza di una nuova storia e di una nuova civiltà, quella delle moderne nazioni europee: anche questa visione ha però finito con il diventare un topos, cioè un’immagine idealizzata.

La visione più vicina alla realtà storica è stata elaborata nella seconda metà dell’Ottocento sulla base degli studi economici e sociali del Positivismo, corrente di pensiero filosofico che ha mostrato l’esigenza di ricavare dei contributi per la storia della cultura da tutti i documenti legati alle manifestazioni della vita della società, per esempio sul piano civile, religioso e diplomatico. Quest’approccio ha permesso di soffermare l’attenzione su alcuni aspetti rilevanti del Medioevo, che, pur essendo un’epoca caratterizzata da grandi difficoltà, manifesta anche alcuni elementi indubbiamente positivi, in particolare la continuità della tradizione letteraria dagli ultimi secoli dell’Impero fino all’inizio dell’Umanesimo e una sostanziale unità culturale.

Il Medioevo è convenzionalmente diviso in Alto e Basso Medioevo, ma tra i due momenti ci fu, in realtà, una forte continuità: tale suddivisione è stata infatti creata solo per comodità didattica.

Alto Medioevo (dal 476 al 1000 circa)

Durante l’Alto Medioevo l’Europa è oggetto di incursioni e di assedi da parte dei popoli barbari. In Italia nella primavera del 568 arrivano, partendo dalla pianura del Danubio, i Longobardi, che riescono in breve a conquistare buona parte del nostro territorio, che si ritrova così diviso in due: essi si stanziano infatti nel centro-nord, ponendo la loro capitale a Pavia, mentre i Greci dell’Impero bizantino continuano a occupare il centro-sud.

In questo periodo l’agricoltura è ferma, la produttività scarsa, i commerci ridotti; ci sono conflitti tra le aristocrazie degli invasori e quelle superstiti degli antichi senatori romani. I barbari sono inoltre refrattari al contatto con la cultura classica, cosa che determina una forte regressione anche dal punto di vista culturale.

La vita cittadina, che si era andata illanguidendo già dopo la caduta dell’Impero romano, subisce da questa situazione un ulteriore colpo: le città si spopolano del tutto (con poche eccezioni, costituite da Pavia, Verona, Ravenna e Roma); il sistema socioeconomico si basa ora sulla curtis, formata da un fondo agricolo dominante (la pars dominica) a cui si uniscono altri terreni (la pars massaricia) dati da coltivare ai coloni, che ricevono protezione e mantenimento in cambio del loro lavoro e del versamento di canoni di affitto. Questa struttura è improntata sul criterio dell’autosufficienza, per supplire alla quasi totale mancanza di scambi commerciali (le strade sono o impraticabili – perché distrutte dalle guerre – o estremamente pericolose, per la presenza di briganti).

Nell’‘800 con Carlo Magno (742 – 814) si verifica la cosiddetta rinascita carolingia, che determina una parziale riorganizzazione delle strutture civili e dell’economia agricola: è però solo nel IX e X secolo che, con il Feudalesimo, si assiste a una vera e propria ristrutturazione della vita sociale.

L’aspetto più significativo di questo periodo è senza dubbio il ruolo della Chiesa, che occupa ben presto il posto lasciato vacante dall’Impero romano, anche perché dal 380, con l’Editto di Tessalonica, voluto dall’imperatore Teodosio, il cristianesimo era diventato religione di stato. Tra la devastazione provocata dalle invasioni barbariche e l’autarchia delle curtis gli unici luoghi ad avere ancora una certa funzione sociale e a svolgere attività di coordinamento sono infatti i centri monastici, sorti numerosi per volontà di S. Benedetto da Norcia (480 – 545): meritano di essere ricordati Montecassino, fondato nel 529 da S. Benedetto, e Bobbio, sorto nel 614 nei pressi di Piacenza ad opera del monaco irlandese S. Colombano.
Al contrario di quanto accade nei monasteri orientali, in cui i religiosi si dedicano quasi esclusivamente alla preghiera e alla contemplazione, nei monasteri occidentali si segue il principio benedettino dell’ora et labora (“prega e lavora”): tra gli impegni quotidiani dei monaci ci sono la preghiera, il canto, lo studio della materia biblica (la cosiddetta lectio divina, cioè la lettura che si fa preghiera) e l’ascolto di narrazioni sacre, come le vite dei santi; ma accanto a queste attività trovano spazio anche la coltivazione di terreni – spesso abbandonati o impervi -, l’aiuto offerto ai più deboli e, soprattutto, la conservazione dei testi classici mediante copiatura. Di questo compito sono incaricati i chierici1 detti amanuensi: il loro lavoro, compiuto negli scriptoria dei monasteri, è stato da un lato preziosissimo per la conservazione dei testi, ma dall’altro ne ha determinato anche la corruzione per le frequenti interpolazioni dettate dalla forte religiosità di questi uomini.
La Chiesa del periodo esercita però, accanto a queste funzioni positive, anche un pesante condizionamento del modo di vivere dell’uomo, effettuato con la paura determinata da una visione di Dio non pacifica e gioiosa, ma terribile e vendicativa (certamente aiutata dalla presenza di pestilenze, carestie e invasioni).


IL LATINO MEDIOEVALE (O MEDIOLATINO)

Per tutto l’Alto Medioevo (e anche nei secoli seguenti) continua l’uso del latino scritto, un latino illustre usato – soprattutto da chierici e notai – in opere letterarie, atti pubblici, relazioni ufficiali, epistolari…

Questo latino

  • non è più quello dell’età classica, perché adotta costrutti sintattici nuovi e termini linguistici propri del Basso Impero
  • resta sostanzialmente uguale dal VI al XIV secolo.

Contemporaneamente comincia a diffondersi anche un latino parlato, in forma diversa da una regione all’altra e dall’una all’altra epoca: proprio per questo esso è in continua evoluzione.


LA LETTERATURA LATINA MEDIOEVALE

La storia della letteratura latina medioevale in Italia inizia alla corte del re ostrogoto Teodorico (454 – 526), che mantiene in vita istituzioni culturali legate al modello romano.

I suoi rappresentanti più illustri sono Severino Boezio e Aurelio Cassiodoro, eredi dell’aristocrazia imperiale cristianizzata. Entrambi hanno vivo il senso della tradizione antica e dimostrano il suo perdurare all’interno della nuova compagine romano-barbarica, anche se risulta evidente l’assoggettamento del pensiero classico alla spiritualità cattolica.

SEVERINO BOEZIO (480 – 526)

Dopo aver superato le tappe del cursus honorum romano (la successione ordinata delle magistrature e delle cariche stabilita nell’antica Roma), nel 510 diventa console e successivamente consigliere e ministro di Teodorico; sospettato di tradimento, è però imprigionato e ucciso.

 

La sua opera più celebre è il De consolatione philosophiae (La consolazione della filosofia), cinque libri misti di prosa e di versi in cui egli racconta come la filosofia lo abbia consolato durante la sua ingiusta prigionia. Boezio, conciliando la morale classica e la dottrina cristiana, volge il concetto platonico del dio creatore a un senso del divino intimamente cristiano e ricerca la salvezza nella fede in Dio.

TESTO: Apparizione della filosofia

 

Da ricordare anche le sue numerose traduzioni dei filosofi greci, in particolare di Aristotele.


AURELIO CASSIODORO (490 ca – 583)

Discendente da una nobile famiglia, soggiorna alla corte dei Goti di re Teodorico, percorrendo una prestigiosa carriera amministrativa; attorno al 540, dopo essersi ritirato a vita privata, fonda il cenobio (una comunità eremitica) di Vivarium (in Calabria), dove si dedica all’attività letteraria.

 

La sua opera più celebre è costituita da dodici libri di Variae (Varie), che raccolgono cinquecento lettere scritte per conto del re dei Goti, importanti sia come documento storico sia come esempio dello stile ricercato che caratterizza l’epistolografia medioevale.

 

Cassiodoro separa per primo gli stili di scrittura: per gli uomini del Medioevo, infatti, ogni stile deve corrispondere non solo alla materia trattata, ma anche al destinatario cui ci si rivolge. In realtà questa suddivisione era già presente nell’epoca classica, per esempio nella Rethorica ad Herennium (Retorica a Erennio), il più antico trattato sull’arte del dire che ci è pervenuto: esso, databile attorno al 90 a.C., è stato da alcuni attribuito a Cicerone. Cassiodoro suddivide gli stili in sommo, medio e umile, una distinzione che sarà ripresa anche da Dante Alighieri nella sua Commedia.

TESTO: La suddivisione degli stili


La letteratura latina medioevale dà buone prove di sé anche in ambito storico, dove spiccano le figure di Paolo Diacono e di Liutprando.


PAOLO DIACONO (720 ca – 799)

Monaco cassinese, longobardo di nascita, vive e insegna grammatica alla corte di Carlo Magno; è autore di numerose opere in prosa o in versi, tra cui merita di essere menzionata l’Historia Longobardorum (Storia dei Longobardi), che si eleva sulle rozze cronache storiche precedenti per vigore di scrittura e per accuratezza stilistica. Essa rappresenta anche un notevole momento di integrazione tra cultura germanica e tradizione latina.

TESTI: La morte di Alboino / La morte del beato Papa Gregorio e la sua santità


LIUTPRANDO (922 ca – 971)

Longobardo di origine, vescovo di Cremona, vive prima alla corte di Ugo di Provenza e poi in quella di Berengario II, a Pavia, per cui svolge incarichi diplomatici: proprio la rottura dei rapporti con quest’ultimo costituisce l’occasione per la stesura dell’ Antapodosis (Contraccambio di offese), una storia d’Italia in prosa e in versi che copre il periodo che va dall’888 al 950.

Liutprando dimostra di avere una buona conoscenza dei classici e del greco, una discreta esperienza di retorica, e, nonostante il continuo intervento di Dio sui fatti, una certa consapevolezza della realtà terrena.

Basso Medioevo (dal 1000 al 1400 circa)

Durante questo periodo l’agricoltura ha un notevole miglioramento, grazie all’impiego di attrezzi più robusti e di nuove tecniche di lavorazione della terra (per esempio la costruzione di canali, la diffusione dell’aratro pesante, la ferratura degli zoccoli e la bonifica di territori paludosi).

Il conseguente aumento demografico e la ripresa dei traffici commerciali (quest’ultima dovuta al surplus della produzione) determinano una rifioritura della città, che amplia la sua cinta muraria e diventa mercato e centro di produzione artigianale. Questo sviluppo della civiltà urbana e mercantile è particolarmente forte in Italia, dove nasce il comune, che tra il secolo XII e il XIII si libera per gradi del controllo dell’autorità imperiale e dei poteri feudali. In origine la città era infatti controllata da oligarchie di piccoli feudatari che ricevevano numerosi privilegi dall’imperatore, per conto del quale la amministravano; nei comuni, soprattutto del Nord, si sviluppano però col tempo diverse corporazioni di commercianti e artigiani (chiamate arti) e micropoteri che richiedono a gran voce la possibilità di governare e di amministrare autonomamente la città. Nel X secolo la popolazione della città è già suddivisa in oratores (quelli che pregano, i sacerdoti), bellatores (coloro che fanno la guerra) e laboratores (che lavorano la terra).

Il rinnovamento economico e sociale comporta un miglioramento anche dal punto di vista culturale, soprattutto grazie alle scuole capitolari, che sorgono accanto alle cattedrali per i bisogni dell’amministrazione vescovile e per gli oblati, coloro che intendevano farsi chierici. Esse hanno dunque uno scopo pratico e sono affidate a ecclesiastici e a chierici, che hanno una formazione non solo religiosa e teologica ma anche profana e classica.

Attorno all’XI secolo questi interessi culturali cominciano a coinvolgere anche i laici, ovviamente appartenenti alle classi dominanti (in particolare i figli cadetti – cioè non primogeniti – delle famiglie nobili). Da questa richiesta nascono le prime università, la Scuola medica salernitana (in realtà già attiva nell’VIII secolo) e l’università di Bologna (1088): quest’ultima era gestita da una corporazione di studenti (circa 2000) che pagavano i professori, spesso chierici vagantes, cioè senza fissa dimora. Sull’esempio di queste prime università nasceranno, dai secoli XII e XIII, altri atenei: per esempio l’università di Padova, nel 1222, e quella di Napoli nel 1224.

Nelle università si studiano le arti liberali, cioè le discipline prive di finalità pratiche che sono proprie dell’uomo libero: Marziano Capella (un erudito vissuto a cavallo tra i secoli IV e V) le aveva organizzate, nel suo poema intitolato De nuptiis Philologiae et Mercuri (Le nozze di Filologia e di Mercurio), in Trivio (grammatica, retorica e dialettica2) e Quadrivio (aritmetica, geometria, musica3, astronomia).
A queste discipline si aggiungono, dall’XI secolo, il diritto e la medicina; non trovano posto, invece, la scultura, l’architettura e la pittura, disprezzate perché attività manuali.

Poiché il latino letterario non è più parlato ma studiato solo a scuola, il suo apprendimento avviene per mezzo di manuali scolastici, come quelli di Elio Donato (vissuto verso la metà del IV secolo e autore di una delle più celebri grammatiche del tempo, l’Ars Minor, che insegna le parti del discorso con domande e risposte) e di Prisciano (che vive nella prima metà del VI secolo).

Note

1. Il termine chierico nel Medioevo indicava non un vero e proprio sacerdote, ma un individuo che ricopriva uffici ecclesiastici e che riceveva, in cambio, pagamenti e sovvenzioni: il chierico era, dunque, un intellettuale ecclesiastico.

2. La dialettica (o logica) è la scienza teorica pura che studia i procedimenti attraverso cui si sviluppa il ragionamento, come, per esempio, il sillogismo (strutturato in premessa maggiore, premessa minore e logica conclusione).

3. La musica è considerata parte del Quadrivio perché, secondo la concezione elaborata dal filosofo greco Platone, vissuto nel V secolo a. C., è ritenuta in connessione con la matematica, in quanto studio di rapporti numerici.

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