Paradosso
in PAROLE DELLA LETTERATURA \ LESSICO \ GRAMMATICA ITALIANA

Il termine paradosso – che nella forma paradossa, poi decaduta, compare nella nostra lingua dalla prima metà del 1500 – deriva dal greco παράδοξος (parádoksos), composto dalla preposizione παρά (pará), “contro” e il sostantivo δόξα (dόksa), “opinione”.
Viene usato per indicare un’affermazione o una tesi che, nonostante sia contraria all’esperienza comune, al buon senso e alla verosimiglianza per il suo contenuto o per la forma in cui è espressa, si rivela apparentemente fondata e condivisibile. Proprio per questo esso risulta audace e sorprendente.
Il paradosso viene usato in letteratura per esasperare affermazioni e situazioni, per caratterizzare un personaggio o per evidenziare le contraddizioni di un’epoca, spesso alla ricerca di un effetto comico. Questo procedimento espressivo può persino diventare il tratto caratterizzante di un autore (sono celebri, per esempio, i paradossi dello scrittore inglese Oscar Wilde, tra cui il famosissimo Posso resistere a tutto, tranne che alle tentazioni).
Esso trova però applicazione in tutti i campi del sapere: matematica, filosofia, economia, fisica…
Uno dei paradossi più famosi è quello del filosofo Zenóne di Elea (vissuto nel V secolo a.C.), conosciuto come il paradosso di Achille (o della tartaruga). Zenóne sostiene che se il famoso eroe omerico Achille, noto con il soprannome piè veloce, disputasse una gara di corsa con una tartaruga dandole un piccolo vantaggio, sarebbe destinato a perdere: egli, infatti, non potrebbe mai raggiungerla, perché, nel tempo in cui percorre lo spazio che li separa, la tartaruga lo distanzierebbe di un altro spazio, arrivando inevitabilmente prima di lui al traguardo.
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